Il cardo prima, il carciofo poi, hanno una storia farmaceutica e terapeutica che si perde nel tempo, i primi scritti latini e greci sono di: Lucio Giunio Moderato Columella, Gaio Plinio Secondo, conosciuto come Plinio il Vecchio, Marco Terenzio Varrone, detto il Reatino e al medico greco Galeno di Pergamo (Turchia). Romani e Greci lo consideravano: antireumatico, coleretico, diuretico, rinforzatore dello stomaco, stimolatore dell’utero. Nel Rinascimento se ne attribuì anche proprietà stimolanti per reni e fegato. Oggi si ritiene svolgere un’attività antiossidante. Il carciofo apporta al nostro organismo solo circa 23 Calorie per 100g di prodotto, composto dal 85% di acqua, dal 3% di proteine, è ricco in fibre, ne possiede infatti l’8%. Contiene potassio (356 mg) e sali di ferro che però non sono totalmente assimilabili. L’apporto vitaminico è scarso. A causa, però, del suo contenuto in tannini e fibra, indigeribili, si sconsiglia di proporlo ai bambini sotto i tre anni. Contiene, inoltre, piccole quantità di “cinarina”, principio attivo che favorisce la secrezione biliare e la diuresi, che purtroppo si perdono con la cottura Grazie a queste sostanze in esso contenute, questo ortaggio è utilizzato anche in fitoterapia. Le foglie, intere o ridotte in frammenti, sono adoperate per ricavarne un estratto secco, che trova impiego come epatoprotettivo, nei casi d’insufficienza digestiva ed epato-pliliare.In commercio sono reperibili fitoterapici utilizzabili come terapia contro calcoli biliari grossi, fegato pigro, insufficienza biliare. (fonte: “Società Italiana di Medicina Naturale”).
Andrea Russo